domenica 29 novembre 2015

Pillole azzurre di Frederik Peeters

L’HIV è una malattia nota come le sue cause e le sue conseguenze. Meno familiare ci risulta invece l’idea della convivenza delle persone con questa sindrome, sia che l’abbiano contratta in prima persona o che la osservino in uno dei loro cari.
Frederik Peeters ci racconta in modo leggero, tenero, partecipato e a volte persino ilare, il suo rapporto d’amore con una donna sieropositiva, Kati, e il suo bambino, anch’egli malato.
L’equilibrio già precario di una famiglia in cui manca il padre, l’ex compagno di Kati, è ancora più instabile in una relazione di coppia in cui bisogna vivere in quattro, una madre, un figlio, un uomo che non è il genitore e l’HIV. Quest’ultimo sembra essere il più forte, detta le regole ed i tempi del rapporto, genera significati e condiziona.
Eppure l’autore quando viene a conoscenza della malattia di Kati, prima che la loro storia sbocci, non ha esitazioni, i rimuginamenti, le paure, sono frutto invece di un sentimento sincero e delle esperienze comuni che questo genera.
L’idea che convivere con una donna sieropositiva indichi un desiderio di autodistruzione attraversa naturalmente la mente di Frederik, ma è un pensiero cui si oppongono tavole di eccezionale equilibrio e potenza espressiva.
Frederik e Kati, distesi sul letto, le teste accostate in senso inverso, s’interrogano sull’origine dell’amore di lui, nato per il senso di benessere e armonia che con lei è capace di generare.
Inquadrati dall’alto come se il lettore galleggiasse nell’aria ruotando sopra di loro, l’autore e la sua compagna approfondiscono la natura del loro legame e avvolgono lo spettatore in un movimento lento e circolare, naturale come l’attrazione di due corpi.
Questa conclusione naturalmente non può costantemente sollevare da paure, incertezze e tensioni, che sfociano in una conversazione a cavallo di un mammut.
Frederik ama o compatisce? Il mammut fa sorgere il dubbio, ma al tempo stesso conduce alla soluzione, non ha senso macerarsi rivoltando la propria rabbia verso il mondo come se questo potesse essere responsabile di ogni etichetta, pregiudizio e sofferenza, ciò che davvero conta è valutare la propria condizione.
Per Frederik l’HIV è anche l’opportunità di cogliere e apprezzare ciò che comunque avrebbe un tempo limitato, l’amore e la presenza nella sua vita di Kati e del bambino, che gioca con uno pterodattilo ed un mammut di plastica e richiama l’autore dalle sue elucubrazioni.
Nel gioco del bambino lo pterodattilo divora il pupazzo umano che cavalcava il mammut.
Più significativa e reale di qualsiasi ragionamento, quest’azione simbolica esprime così nel modo più chiaro la capacità della vita di cancellare i risentimenti e i pensieri negativi, quelli dell’autore come i nostri.

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