Il connubio tra fumetto e giornalismo è ormai consolidato da alcuni anni e
non si rivolge, come si potrebbe credere leggendo “Pyongyang”
o “Palestina”,
solo all’attualità ma esplora, con la capacità di riflessione che concede il
tempo trascorso, anche gli eventi passati e la vita di coloro che,
raccontandoli, ne sono stati anche protagonisti.
Non è casuale dunque che i graphic novel che raccontano la vita di due
persone che hanno fatto informazione, Ilaria Alpi e Giuseppe Impastato, siano
stati scritti da un giornalista, Marco
Rizzo.
Pubblicato in coincidenza con il 31 anniversario del brutale assassinio,
“Peppino Impastato; un giullare contro la mafia” inizia con il rabbioso grido
di Felicia Impastato, madre di Giuseppe, contro Gaetano Badalamenti, “Don Tano
Seduto”, condannato poi come mandante dell’omicidio, e ripercorre a ritroso
tutti gli eventi che portarono al processo.
La pagina forse più rappresentativa del fumetto è quella in cui Peppino
Impastato spiega ai contadini che il motivo per cui si costruisce la terza
pista dell’aeroporto di Punta Raisi sono i soldi che vengono spartiti con gli
appalti.
Di fronte a questi spariscono gli espropri forzosi delle terre dei contadini
e l’insensata scelta di un’area del tutto inidonea all’atterraggio di aerei,
schiacciata com’è tra il mare e la montagna e tormentata dal forte vento di
scirocco.
La pagina comprende l’intervento di un membro del partito comunista, che
assicura il sostegno di un avvocato, e la risposta sincera di Peppino: “Scusa
ma queste sono minchiate, Pinuzzo! Dov’è il partito adesso? Lo vedi chi c’è in
questa stanza?”.
Si coglie in questa frase tutta la modernità ed il senso dell’attività di
Peppino Impastato, vicina alle persone ed ai fatti e schiva dai compromessi
della falsa politica che, allora come oggi, finge di occuparsi dei problemi per
ottenere una moneta di scambio utile a costituire alleanze con altri poteri
contro i cittadini.
L’assenza dello stato è il filo conduttore del fumetto e della vita di
Peppino Impastato, che colmava, con le irriverenti trasmissioni di Radio Aut e
con la sua attività di denuncia dei legami tra la mafia e l’amministrazione
pubblica di Cinisi, il vuoto di giustizia e controllo con cui le istituzioni
hanno permesso il proliferare delle infiltrazioni mafiose nella vita pubblica.
Lo stesso vuoto ha rischiato di inghiottire l’assassinio di Giuseppe
Impastato, mascherato da attentatore dalle autorità inquirenti che hanno
impiegato anni a riconoscere la matrice mafiosa del delitto e che non sarebbero
giunte all’identificazione del responsabile senza le denunce della madre, del
fratello e degli amici di Peppino.
Le ultime pagine del fumetto, disegnate da Lelio Bonaccorso con tenero
rispetto delle figure narrate, mostrano Peppino Impastato camminare ancora in
corteo per le strade di Cinisi con quanti manifestano contro la mafia, com’è
stato fatto ancora in questi giorni, cosa inammaginabile trent’anni fa.
L’immagine non è fantasiosa perché si chiama Peppino Impastato l’idea
dell’impegno personale, singolo e collettivo al tempo stesso, di ogni cittadino
contro la mafia in difesa dell’ideale di uno Stato fatto da cittadini onesti.
Quest’idea, purtroppo non ancora abbastanza diffusa, è viva e chiede a tutti
di essere difesa, come la memoria di Peppino e di tutti quelli che ancora la
mafia cerca di offendere con il discredito.
“Peppino Impastato; un giullare contro la mafia” con le interviste e gli
apparati da cui è corredato costituisce un documento duttile e universale, una
difesa dell’immagine e delle parole di Peppino che tramite il linguaggio del
fumetto tocca l’animo del lettore.
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