domenica 18 ottobre 2015

Pyongyang di Guy Delisle

L’opera di uno scrittore che parla di eventi a lui contemporanei può costituire una fonte storica, nonostante egli descriva gli eventi in modo molto soggettivo, il suo spirito di osservazione può essere ritenuto più acuto della norma. Nel caso che osserveremo la chiaroveggenza di Orwell si è spinta al punto che il suo romanzo più celebre, 1984, può essere adoperato come una guida turistica insieme al graphic novel Pyongyang di Guy Delisle.
Se desiderate conoscere lo svolgimento della vita quotidiana nella capitale della Corea del Nord non troverete infatti nulla di più utile di queste due opere, anzi probabilmente vi dovrete accontentare di leggerle, perché recarvisi personalmente è difficilissimo. Lo stesso Delisle ha portato con sé il romanzo di Orwell durante un soggiorno di lavoro a Pyongyang durato due mesi, oggetto delle sue sconsolate e ironiche riflessioni. Dopo la proclamazione della Repubblica Democratica Popolare della Corea del Nord nel 1948 il paese soggiace alla dittatura comunista di Kim il-Sung (che benchè morto nel 1994 è considerato tuttora Presidente) e del figlio Kim Jong-il, che hanno privato il popolo coreano di ogni libertà, riducendolo alla fame ed a vivere nell’atterrito ossequio di schemi di vita spersonalizzanti. Ogni elemento che cade sotto l’osservazione di Delisle ce lo ricorda: già nella splash page iniziale una soggettiva dell’autore ci mostra l’aeroporto di Pyongyang sormontato da una gigantesca fotografia di Kim il-Sung, in seguito viene usata ancora una soggettiva di una pagina per mostrare la ciclopica statua di Kim il-Sung cui ogni nuovo arrivato deve rendere onore con un omaggio floreale. In quest’ultimo caso tuttavia l’autore scompone argutamente la pagina in tre vignette che seguono il movimento dello sguardo di Delisle dal basso verso l’alto, così che sulla carta il dittatore coreano viene ritratto con i piedi al posto della testa e viceversa! Quest’immagine ci consente immediatamente di comprendere di essere giunti in un paese alla rovescia, dove i bambini si “divertono” ad innaffiare i prati e gli operai addetti alla costruzione del teatro dell’opera vengono “incoraggiati” con stonate canzoni di propaganda. La presenza del “Leader” è ossessiva, i ritratti di Kim il-Sung e Kim Jong-il, la cui somiglianza è proditoriamente spinta fino all’identità dalla propaganda di stato, sono ovunque, nelle stanze come sulle spille delle giacche, il loro nome è in tutte le canzoni, in ogni insegnamento, è perfino inciso sulle montagne; l’imitazione, probabilmente inconsapevole, del Grande Fratello orwelliano giunge così all’emulazione. Non c’è da stupirsi se riflettendo sul disumano modello di vita imposto ai coreani, Delisle ci presenta la vignetta muta di un uomo a molla, ma ancora più inquietante è il fatto che sedici pagine dopo la marionetta abbia una chiave anche sulla testa, simbolo calzante della sottomissione dei coreani alla propaganda di uno stato militarista che misura il proprio potere con la grandezza delle sue evidenti menzogne.
Lo stile di Delisle, molto semplice e quasi caricaturale, lungi dall’essere realistico, non intende certo stemperare la drammaticità della realtà rappresentata ma sottolinearla, e si rivela molto sagace, come quando usa i piedi della statua di Kim il-Sung come simbolo grafico dell’oppressione del “Leader”. Senza la lente ironica ed umoristica dell’autore, si assisterebbe solo ad un continuo corteo di figure grigie, colore che in varie sfumature permea Pyongyang e Pyongyang, per lasciare posto solo al fitto nero delle tenebre notturne di una città che quasi non conosce illuminazione artificiale. La Corea del Nord si trova infatti in uno stato di povertà tale da essere stata costretta dal 1995 ad aprire le frontiere per poter ricevere aiuti umanitari, che, distribuiti dal regime, raggiungono tuttavia solo una parte limitata della popolazione, diventando così un ulteriore strumento di potere. Paradossalmente questa apertura ha provocato conseguenze negative anche in Europa. Alcune aziende infatti hanno approfittato di questa situazione per tagliare le spese trasferendo le loro produzioni in Corea del Nord, a causa di questi subappalti molti disegnatori degli studi di animazione francesi sono rimasti senza lavoro.
L’isolamento di Pyongyang, come del resto del paese, è suggellato dal sistema di computazione del tempo, che calcola gli anni a partire dal concepimento di Kim il-Sung e li chiama con il nome dell’ideologia ufficiale del regime, il Juche (autosufficienza). Pyongyang si rivela dunque un raro, utile e conveniente strumento di conoscenza, con una sola lettura potrete infatti dire di essere stati in Corea del Nord in tre anni diversi: nel 2015, nel 104 del Juche, o, se preferite, nel 1984.




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